mercoledì 25 maggio 2011

Nel 19° anniversario della sua morte Giovanni Falcone continua a vivere

All'altezza di Capaci il tempo si è fermato, anticipando destini scomodi. Purtroppo però L’Italia di oggi non è diversa da quella di ieri. 
falcone







Il 23 maggio 1992 era una giornata calda, si correva lungo l’A29 che dall’aeroporto di Punta Raisi porta alla città di Palermo, una giornata tranquilla, addosso il solito peso che rende schiavi gli eroi, ma un sorriso c’era sempre per smorzare la tensione. Giovanni e Francesca alternavano momenti di silenzio a piccole domande a cui a volte solo gli occhi davano risposta. 
Un déjà vu… Il jet di servizio partito dall'aeroporto di Ciampino intorno alle 16:45 arriva in Sicilia dopo un viaggio di 53 minuti. Lo attendono tre Fiat Croma blindate, con un gruppo di scorta sotto il comando dell'allora capo della squadra mobile di Palermo, Armando la Barbera.
Appena sceso dall'aereo, Falcone si sistema alla guida della Croma bianca, ed accanto prende posto la moglie Francesca, mentre l'autista, Giuseppe Costanza va ad occupare il sedile posteriore. Nella Croma marrone, che va alla testa del corteo, c'è alla guida Vito Schifani, con accanto l'agente scelto Antonio Montinaro e sul retro Rocco Dicillo, mentre nella vettura azzurra ci sono Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. Al gruppo è in testa la Croma marrone, poi la bianca guidata da Falcone, e in coda la Croma azzurra.
I particolari sull'arrivo del giudice dovevano essere coperti dal più rigido riserbo, ma qualcuno tradì. Le auto lasciano l'aeroporto imboccando l'autostrada in direzione Palermo. La situazione appare tranquilla, tanto che non vengono attivate neppure le sirene. Alle ore 17:58, presso il Km.5 della A29, una carica di cinque quintali di Tritolo posizionata in una galleria scavata sotto la sede stradale nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine viene azionata per telecomando da Giovanni Brusca, il sicario incaricato da Totò Riina.
Pochissimi istanti prima della detonazione, Falcone si era accorto che le chiavi di casa erano nel mazzo assieme alle chiavi della macchina, e le aveva tolte dal cruscotto, provocando un rallentamento improvviso del mezzo. Brusca, rimasto spiazzato, preme il pulsante in anticipo, sicché l'esplosione investe in pieno solo la Croma marrone, prima auto del gruppo, scaraventandone i resti oltre la carreggiata opposta di marcia.
La seconda auto, la Croma bianca guidata dal giudice, avendo rallentato, si schianta invece contro il muro di cemento e detriti improvvisamente innalzatosi per via dello scoppio. Rimangono feriti gli agenti della terza auto, la Croma azzurra, che infine resiste, e si salvano miracolosamente anche un'altra ventina di persone che al momento dell'attentato si trovano a transitare con le proprie autovetture sul luogo dell'eccidio. All’altezza di Capaci il tempo si ferma, anticipando destini scomodi, finali di storie ruvide.
Trovano la morte Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della sua scorta, Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro. Questa è la storia degli ultimi attimi di vita di un uomo che tanto aveva dato all’Italia ma che dall’Italia fu abbandonato. Degli esecutori, dei cinque mafiosi che organizzarono e gestirono l’attacco, si sanno nomi e cognomi, ma degli intrecci politici che portano ai mandanti, nessuna traccia, solo insabbiamenti.
Lo Stato marcio quanto la mafia. Cosa sia cambiato non si sa. Oggi, dopo 19 anni tutti lo ricordano e poi come d’incanto viene riposto. Questa è l’Italia che ci hanno consegnato. L’Italia dove è meglio seppellirli i problemi che risolverli. Quando si parla di lotte tutti d’accordo, quando si tratta di combattere li vedi tutti indietreggiare e sparire nella nebbia dell’indifferenza. Tanto non è affar nostro, stiamone fuori, se la vedano loro, omertà e silenzio poi!
Questa è l’Italia, dove gli arresti sono telecomandati e il nostro beneamato esercito viene utilizzato per raccogliere la spazzatura invece che impiegato per fa rispettare la legge a Casal di Principe . I paradossi sono tanti. Un Italia dove le pene per l’evasione fiscale sono quasi pari a quelle per omicidio. Un Italia fatta di italiani che a testa bassa pagano e mantengono gli sfarzi di uno stato a cui poco interessa se non si arriva a fine mese. Un Italia dove la magistratura indaga su ciò che gli conviene affossando oggi come allora chi la giustizia la vuole fatta bene.
Un Italia dove Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono ormai figure coperte dal sudario della retorica di Stato. Non c’è quasi mai, nel frastuono dell’anniversario, una riflessione lucida sui loro tempi. Tanto ormai abbiamo gli eroi non più gli uomini. Un ipocrisia che parte dal rapporto fra tra politica, consenso e magistratura. Negare ai giudici Falcone e Borsellino, un racconto finalmente leale e vero dei loro anni, delle difficoltà e delle amarezze è davvero l’ultima offesa a due magistrati che di stimmate ne subirono fin troppe, finanche dai loro colleghi. 
Una vittoria della Mafia che allora come oggi continua a vincere, ogni anno, la sua partita. Ma una cosa è certa, a dispetto di uno Stato assente, certi morti, come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, hanno un respiro più forte di taluni vivi.

giovedì 19 maggio 2011

Il Coraggio di essere Umili

Nella vita un pizzico di presunzione non guasta mai, anzi... Se però si rincara la dose si cade inevitabilmente nell'arroganza e questa è strettamente imparentata con l'ignoranza. L'arroganza contraddistingue molti uomini che pensano di saper distinguere il bene e il male senza avere la giusta umiltà per comprendere che in realtà non esiste divisione. 
Eppure ben sappiamo che qualsiasi impronta lasciamo su questa terra, piccola o grande che sia, è pur sempre un'impronta unica e indelebile nel cuore di chi ci vuole bene, nella mente di coloro che hanno avuto la possibilità di conoscerci. Ma l'uomo è stolto, non capisce tutto ciò, e allora sfida incessantemente la storia e la natura con incosciente presunzione nel voler cambiare le cose credendo di conoscerle.
Abbiamo tutti qualcosa da imparare dagli altri,  il conoscere tutto non porta da nessuna parte. Un carezza, uno sguardo, un bacio, tendere la mano, ascoltare, sorridere, aiutare, cantare e urlare, giocare... da tutto e per tutti abbiamo da imparare. Basterebbe che avessimo il coraggio di essere umili, perchè è proprio quest'ultima che differenzia la presunzione dall'intelligenza.
L'arroganza offusca il nostro cammino, al contrario della bontà d'animo che ci fornisce una luce visibile agli occhi di Dio e di chi ci ama; ma l'essere troppo buoni e altruisti porta, inevitabilmente, alla sofferenza dell'anima, fin quando non ci si rende conto che il donare non bilancia mai con l'avere. E allora inizi a sentirti come un cieco che chiede perdono al sole e che si tormenta per il suo destino finendo per trovare addirittura gradevole il suo dolore. 
Se si continua ad alimentare la sincerità però, si finisce per torturare la propria desolazione. E allora se oggi guardandoti dietro vedessi solo te stesso girato non aver paura, sarebbe solo il segno di una vita vuota vissuta nel proprio recintato ego... e allora impara almeno questa volta che non esistono uomini umili, tutt'al più esistono uomini che portano avanti la loro presunzione con umiltà. E almeno questa volta impara ad imparare, impara ad insegnare, insegna ad imparare ed impara ad amare.

martedì 10 maggio 2011

Manifesto Futurista Della Nuova Umanità

La cosa più semplice 
Ancora più facile 
Sarebbe quella di non essere mai nato 
Invece la vita 
Arriva impetuosa 
Ed è un miracolo che ogni giorno si rinnova 
Ti prego perdonami ti prego perdonami 
Ti prego perdonami se non ho più la fede in te 
Ti faccio presente che 
È stato difficile 
Abituarsi ad una vita sola e senza di te 

Mi sveglio spesso sai 
Pieno di pensieri 
Non sono più sereno 
Più sereno Com’ero ieri 
La vita semplice 
Che mi garantivi 
Adesso è mia però 
È lastricata…Di problemi 

Ho l’impressione che 
La cosa più semplice 
Sarebbe quella di non essere mai nato 
In fondo la vita 
È solo una scusa 
È lei da sola che ogni giorno si rinnova 
Ti prego perdonami ti prego perdonami 
Ti prego perdonami se non ho più la fede in te 
Ti faccio presente che 
Ho quasi finito 
Ho quasi finito anche la pazienza che ho con me 

Sarà difficile 
Non fare degli errori 
Senza l’aiuto di 
Di potenze Superiori 
Ho fatto un patto sai 
Con le mie emozioni 
Le lascio vivere 
E loro non mi fanno fuori 


(Vasco Rossi - Vivere o Niente)

sabato 7 maggio 2011

Solidarnosc! Non Abbiate Paura!

Che lo si voglia chiamare Karol Wojtyla o Papa Giovanni poco cambia, prima di sedersi sul trono di Pietro e anche poi, era ed è sempre stato un uomo. Proprio questa particolarità di “parroco del mondo” lo fece diventare una minaccia in quei luoghi dove l’uomo era solo uno schiavo della vita o del regime.
Il Papa del popolo ha messo, nel suo lungo pontificato, numerosi record, ha viaggiato 250 volte, toccando 129 nazioni facendo visita a 259 diverse località italiane. Il Papa Globetrotter ha percorso 1 milione e centomila km che tradotto in termini più semplici è 9 volte il giro del mondo. Oltre 300 milioni di persone lo hanno visto dal vivo almeno una volta e diversi miliardi per televisione. Nei sui viaggi ha toccato tutti i paesi più repressi e poveri, paesi in cui la libertà dei loro popoli è stata, ed è tutt’ora in certi casi, schiacciata dai dittatori: le Filippine di Marcos, il Cile di Pinochet, la cuba di Fidel Castro… perché, come lui amava ripete “la missione della chiesa è quella di occuparsi dei poveri, dovunque essi siano”. Due viaggi tuttavia restano irrealizzati, in Russia e in Cina.
Il 2 giugno del 1979 Karol parte per il suo primo viaggio apostolico in Polonia, che dura otto giorni e che vide una folla straripante accogliere e seguire il loro Papa Slavo. Quel viaggio di fatto aprì la prima incrinatura nella cortina di ferro. Il regime comunista nulla poteva contro la fede di quella gente che applaudiva, senza più inibizione ne paura, in piazza della vittoria a Varsavia, un Papa che di fatto avrebbe cambiato la storia. L’anno seguente nacque “Solidarnosc”, il movimento sindacale guidato da Lech Walesa, un vecchio amico del Papa, con cui i polacchi si ribellarono allo Stato-Partito.
Il secondo viaggio nella sua terra risale invece al 1983, dove a Danzica celebra una messa davanti a tre milioni di persone e dove farà tuonare la celebra frase: “In nome del futuro dell’uomo e dell’umanità, questa parola deve risuonare chiara e alta: Solidarietà!”. “Solidarnosc” appunto, come si chiamava il movimento di Walesa. Poche ore dopo, da Mosca, una nota dell’agenzia di stampa definisce Wojtyla “Papa Sovversivo”.
In un rapporto a Jimmy Carter, la Cia riferisce che l’elezione a Papa di Karol Wojtyla potrebbe segnare la fine dell’impero russo a partire dalla Polonia. Tanto che il successore di Carter, Ronald Reagan, disse: “Lui mobiliterà le coscienze dell’Europa dell’Est, mentre io ne mobiliterò le forze politiche”.
A questo punto Solidarnosc diventa presto il punto di riferimento per tutte le rivolte dell’Europa dell’Est. I partiti comunisti europei, come quello italiano, francese e spagnolo furono costretti a mettere in risalto la loro indipendenza da Mosca, mentre, dopo anni di silenzio, Washington ripristina i rapporti diplomatici con il Vaticano. Sempre un rapporto della Cia di quegli anni diceva: “Solidarnosc” protegge i dissidenti e i detenuti politici. E’ sostenuto dal Papa e, se mai l’Urss invadesse la Polonia, dovrebbe combattere contro gli operai e contro la Chiesa”.
Ogni giorno Wojtyla è bersaglio di subdoli attacchi. I paesi comunisti si uniscono per dar vita ad un agenzia internazionale di informazione, con sede a Roma, che ha un solo scopo: screditarlo mettendo in giro, continuamente, false notizie sul suo conto. Nel frattempo in Polonia, nel vano tentativo di fermare l’ascesa di “Solidarnosc”, il generale Jaruzelski proclama la legge marziale.
Papa Karol non si lascò intimidire e usando le sue doti di diplomatico si confrontò con il generale al servizio di Mosca. E incredibilmente riesce a far breccia nelle sue convinzioni. A rivelarlo è stato lo stesso Jaruzelski, dicendo: “All’inizio c’era un muro di ghiaccio fra di noi. Io rappresentavo un paese e lui era critico di fronte all’ideologia marxista e al potere comunista instaurato in Polonia. Non ci comprendevamo! Poi però, grazie a due lunghi incontri, io capii che lui stava cercando di definire i confini della giustizia in ogni sistema e che perciò tentava di aprire un dialogo con me. Conservo un ricordo prezioso dei nostri colloqui e delle numerose lettere che ci siamo scambiati. Mi sono rimaste impresse la sua grande dignità e umiltà… A lui era difficile resistere”.
Come abbiamo visto per sostenere il Santo Padre si mosse anche la maggiore potenza del mondo, gli Stati Uniti, guidata da Ronald Reagan che esplicitamente disse: “Vedo nel papa polacco un segno della volontà del Signore di porre fine alle dittature comuniste”.
Di fondamentale importanza fu l’incontro tra Papa Karol e il presidente sovietico Mikhail Gorbaciov il primo dicembre del 1989, a tre settimane dalla caduta del muro. Esso pone il sigillo all’anno che ha cambiato la storia del mondo: stringendo la mano al pontefice, il leader del Cremlino restituisci la libertà religiosa ai Paesi in cui vige l’ateismo di stato. Il potere comunista è ormai al tramonto e non a caso, a Stoccolma, Lech Walesa riceve il Premio Nobel per la Pace. Quello stesso riconoscimento che scandalosamente, per non turbare l’equilibrio stabilitosi tra Est e Ovest, non verrà mai attribuito al papa Polacco.
Il Papa dei giovani negli anni ha sempre lottato per la libertà, la pace e la solidarietà riuscendo a cambiare le geopolitiche mondiali con la sola forza della fede. Un grosso insegnamento ci ha lasciato: “Non abbiate paura!”. Lo ripeté ben 400 volte, specialmente ai giovani, dal giorno della sua elezione fino all’ultimo discorso che pronunciò prima della sua morte, avvenuta il 2 aprile 2005.
Non Abbiate paura di amare, di professare una religione, di aiutare, di tendere la mano! Ha sempre predicato la fede Karol Wojtyla, mai sottolineando quale fosse quella giusta ma solo che dovesse essere piena d’amore verso il prossimo. In una delle sue lettere scrisse: "L'eterno entra nel tempo, il tutto in un frammento, Dio assume il volto dell'uomo"... ma ricordate "Nessuna forma storica della filosofia può legittimamente pretendere di abbracciare la totalità della verità, né di essere la spiegazione piena dell'essere umano, del mondo e del rapporto dell'uomo con Dio."


Tratto da:
http://www.serviziocivilemagazine.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2440%3Akarol-jozef-wojtya-un-uomo-beato-ma-gia-santo-che-utilizzo-come-arma-la-solidarieta&catid=39%3Aattualita&Itemid=132

martedì 3 maggio 2011

Caro Diego ti scrivo...


Non sono un caro amico del grande Diego Spagnoli, ne un amico di vecchia data, ma un semplice conoscente che ha avuto la Fortuna di incontrarlo un po' di volte al di fuori del contesto "Vasco". Ricordo con straordinaria gioia il primo incontro, eravamo ad Eboli, lui che sempre avevo visto da lontano, il grande Diegone! ed in effetti è grande e grosso! a primo impatto suscita timore, un po’ per la stazza un po’ per quello che rappresenta. Ma basta parlargli un po’ e ti accorgi immediatamente che la sua bontà e semplicità è direttamente proporzionale alla sua grandezza fisica. Uno si aspetta il classico tipo schivo e burbero, invece con semplicità disarmante ci accoglie al bancone del pub e prendiamo un birra insieme; naturalmente i discorsi cadono sempre su Vasco ma ci racconta anche di lui, e delle sue esperienza al fianco del Komandante.
E sì caro Diego! perché anche se sono l'ultima ruota della grande combriccola di fan che vi segue da anni, una cosa c'è da chiarirla è subito! Anche perché girando qua e la sul web, molte volte mi sono trovato ad ascoltare in silenzio commenti cibernetici che sfioravano l'assurdo, da parte non dei veri fan, quelli che amano Vasco e la sua combriccola, ma da parte di fanatici che sfiorano la pazzia senza capacità più di scindere il piacere di ascoltare una buona canzone da quella di sentirla e basta.
Si è vero! ormai Caro Diego la tua fama ti precede, ma se ciò è accaduto è perché evidentemente fin'ora lo hai meritato! e mi dispiace quando la gente specula sulla tua "presunta" esclusione dallo staff di Vasco. Chiariamo anche questo allora, anche se ho visto che già ci hai pensato sulla tua pagina Facebook (http://www.facebook.com/note.php?note_id=10150220355877715), Diego è Diego e come ogni altro componente della famiglia "Blasco" è una colonna portante, voi potreste immaginare di diseredare un vostro figlio semplicemente perché è diventato grande? Diego non era le sue presentazioni, alle quali comunque deve parte della sua fama, Diego è lo Stage Manager, che nella vita non vuol dire salire su un palco a fine concerto e prendersi gli applausi, ma ben altro! vi riporto quello che lui stesso ha scritto “Diego Spagnoli vorrebbe essere solo un nome e un cognome in rappresentanza di quel “popolo” che lavora e produce dietro le quinte di qualsiasi spettacolo musicale. Molta gente si chiede chi siano, da dove vengono, come fanno e come hanno fatto ad essere e diventare ciò che sono questi professionisti”. 
Diego è uno che nella vita ha fatto qualcosa a cui molti anelano... Diego è riuscito a vivere al massimo facendo ciò che più gli piaceva e realizzandosi appieno sia nel privato che nel lavoro. Diego oggi è "Diego Spagnoli"! 
Ricordi Diego… a Gubbio.... Il giorno dopo siamo partiti entrambi per Londra.... siamo andati in quella piazzetta vicino la chiesa di Don Matteo che volevamo prendere una birra e ci siamo trovati un orda barbarica di gente alle prese con la sbornia del week :) e allora abbiamo ripiegato verso l'hotel ... ;)
Vedete in fondo si è uomini prima che personaggi e lui  questo non lo ha mai dimenticato, è stato uno dei primi a rompere il muro che separava il fan dal personaggio; interagendo con tutti! e mi fa ridere quando leggo sul forum riportato sopra "ha detto ai fan che se non hanno i soldi se ne possono stare a casa, ma mi sa che l'unico che se ne starà a casa in questo tour sarà lui" .... di certo un effetto del tam tam della rete.... ma anche qui caro Diegone bisogna fare chiarezza altrimenti si rischia di fare il classico processo all'italiana condannando il presunto e scagionando, per prescrizione del termine, il colpevole. So che la tua bacheca era diventata un centro di smistamento reclamo per il prezzo del biglietto troppo alto, a riguardo dei concerti di Vasco, ma credo che la cosa più snervante e che ti abbia fatto saltare i nervi sia stata la richiesta continua da parte dei fan di biglietti, pass, incontri con il Kom ecc ecc
Non so cosa passi per la testa alla gente quando interpreta quello che tu scrivi, ma conoscendoti sono sicuro che il tono e il modo in cui hai scritto ciò non era quello del post del forum, anzi credo proprio che tu ti riferissi ad altra cosa, come a dire.... "Io non vi posso aiutare, mi dispiace, purtroppo se non avete i soldi non posso farvi un bonifico a tutti per farvi venire"
In fondo io ne sono testimone, con il tour europeo vi ho seguito a Casera, a Bologna, Milano, Londra... e quest'anno mi è toccato stringere la cinghia accontentandomi di quello che sono riuscito a recuperare... ma non per questo mi sono disperato.... L'emozione di un concerto è anche saperlo ricordare, facendoti venire quello strano sorriso sul volto quando canticchi una canzone.
E Londra.... come dimenticarti... ci hai fatto venire nel Backstage, ricordi? eri preso dall'opera titanica che stavate compiendo... fare tutto in poche ore! con la band e il Kom che stavano arrivando; ricordo cavi, tralicci, il teatro vuoto ma pieno delle voci di quelli che come te stavano lavorando, e pure in quella occasione ricordo che ci hai accolto in modo cordiale e nonostante la stanchezza tagliasse il tuo volto ci hai salutato con il sorriso di chi incontra dei vecchi amici, tutt’altro che scocciato dalla visita, anzi!
E quando a fine concerto ci siamo salutati da lontano quasi mi è dispiaciuto non averti potuto stringere la mano e complimentarmi con te e idealmente con la band e il Kom per lo spettacolo che eravate stati in grado di offrirci all’Hammersmith Apollo. Che bel ricordo, io fra i pochi eletti che hanno visto la combriccola nel tempio della musica!
Grazie Diego, conoscerti mi ha avvicinato ad un mondo che ritenevo distante mille miglia da me! Ma che invece è fatto di uomini, carne e sudore! Sforzo teso unicamente a farci emozionare quando Lui suona … bhe cosa chiedere di più.
Mi hai fatto capire una grande cose che forse in pochi vogliono comprendere, Vasco è solo il pilota di una splendida fuoriserie, in cui c’è la band, ci sei tu, i fonici, Tania, Elmi e quanti rendono magico lo spettacolo che ogni volta ci regalate, compresi noi del pubblico.
Caro Diego ti lascio con ciò che avevo scritto di te qualche tempo fa sul SCMagazine, e che oggi più che mai penso: “Passione, dedizione, professionalità ma soprattutto la grande umanità hanno fatto di Diego Spagnoli un icona per un intera generazione e non solo. Tutti ormai, anche solo per sentito, conoscono Diego e il suo lavoro. Oggi molti ragazzi vorrebbero essere Diego Spagnoli”.
Oh caro Diego immagino cosa starai pensando ora, ma almeno questo voglio tenerlo per me...