martedì 7 settembre 2010

Temo


Come in una di quelle assurde processioni del paradiso dantesco sfilano in teorie interminabili, ma senza cori e candelabri, gli uomini della mia gente. Tutti si rivolgono a me, tutti vogliono deporre nelle mie mani il fardello della loro vita, la storia senza storia del loro essere stati. Parole di preghiera o d'ira sibilano col vento tra i cespugli. Una corona di ferro dondola su una croce disfatta. E forse mentre penso la loro vita, perché scrivo la loro vita, mi sentono come un ridicolo Dio, che li ha chiamati a raccolta nel giorno del giudizio, per liberarli in eterno dalla loro memoria. Temo i padrini dell'indulgenza. Temo la fiducia degli eletti. Temo il sorriso amaro sulle labbra degli inquieti. Temo gli occhi velati di chi crede. Temo il senso di paura degli ignoranti. Temo l'ansia dei deboli. Temo la tensione degli angosciati. Temo il rimorso dei colpevoli. Temo che l'energia degli illusi prenda il posto degli umili. Temo e mi ripugna il loro perverso sacrificio come se io non fossi origine della stessa specie. Temo l'olocausto delle anime come i forni crematori dell'oscurità. Temo gli immortali per come ci hanno ingannato sulla terra. Temo che a pagare il debito con l'ingratitudine siano ancora gli stessi. Prego che il giudizio universale per ognuno di noi non divenga un giudizio di massa. Prego che il concetto di Dio concepito dagli uomini sia completamente trasfigurato. Prego che a prendere il posto nell'al di là non sia il candore della menzogna dell'al di qua.

Nessun commento:

Posta un commento